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La LeMans non si tocca

Storia di una passione che supera il tempo e la tecnologia

C’è sempre una moto che, a dispetto del tempo e delle nuove tentazioni, resta la moto. Quella che, anche se non usi da mesi, ti conquista al primo giro di chiave. Per me, quella moto si chiama Moto Guzzi LeMans.

Negli ultimi mesi sono successe parecchie cose nel mio garage. Ho acquistato una Tuono V4, e da inizio anno ci ho già percorso più di mille chilometri. Una moto pazzesca, brillante, maneggevole, carismatica. Ancora la sto imparando a conoscere, ma la direzione è chiara: è un’esperienza di guida che affascina e coinvolge in modo profondo. Per farle spazio, la scorsa estate ho venduto la V100S Mandello: una decisione sofferta, perché quella Guzzi era andata ben oltre le aspettative. Ancora oggi ne rimpiango il cardano e l’equilibrio generale.

Nel box c’è anche una GS Rally del 2017, una viaggiatrice instancabile, sempre pronta con borse cariche e mia moglie in sella. La usiamo poco, ultimamente. Il tempo è quello che è, e gli impegni familiari sembrano crescere al ritmo inverso delle ore libere. Eppure è lì, perfetta, sotto la copertina antipolvere, con il mantenitore attaccato e la carrozzeria lucida come appena ritirata dal concessionario.

Lo scorso venerdì, all’EICMA Fest, ho avuto il privilegio di testare diverse moto, tra cui la nuova GS 1300 Trophy con cambio automatico e una V85TT Guzzi. La GS mi ha colpito per l’agilità del nuovo telaio e le dimensioni più contenute rispetto alla mia Rally, ma il motore mi ha lasciato perplesso: meno coppia ai bassi, più ruvidità in alto, e una rumorosità meccanica che si fa notare. La V85TT invece mi ha stupito per quanto sia facile e piacevole da guidare: dolce nell’erogazione, generosa fin dai bassi regimi, con una frenata impeccabile. Una moto sincera, stabile, che invoglia a divertirsi anche senza esagerare.

Ma è stata la domenica mattina che ho riscoperto ciò che davvero conta per me.

Ispirato proprio da quell’italiana di Mandello vista il giorno prima, ho tirato fuori la mia LeMans. Ferma da agosto, bastano pochi gesti: una gonfiata alle gomme, una spolverata alle sue forme eleganti, stacco il mantenitore e… parte al primo colpo. E allora come si fa a resistere?

Guanti, giubbotto, casco. La accarezzo con lo sguardo mentre scendo le scale. E poi via, sulla strada. È bassa, lunga, stretta. Mi sembra di rientrare a casa. Ha un suono pieno, caldo, senza nemmeno forzare l’andatura. Mi regala una fiducia che ha dell’incredibile, una naturalezza che mi spiazza ogni volta. È una moto che non invecchia: semmai, matura. Il suo bicilindrico trasmette sensazioni vive, forti, umane. La sua stabilità è quasi commovente, la sua eleganza nelle curve è qualcosa che oggi, in pochi, possono permettersi.

Non parlo di prestazioni. Non parlo nemmeno di tecnica. Parlo di emozione. Parlo di una moto che mi guarda negli occhi, e mi dice: «Io ci sono. Sempre.»

Avrei voglia di una moto per ogni giorno della settimana, e forse prima o poi lo farò. Ma qualunque sia il destino del mio garage, la LeMans non si tocca. È la mia regina. La più emozionante che abbia mai avuto. La più generosa. Quella che, in fondo, mi conosce meglio.

Perché, diciamolo: alcune moto sembrano vive. E questa, la mia LeMans, lo è davvero.

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